29 novembre 2012

storia di un'idea


Alcuni lettori del mio recente articolo
Mappe mentali per apprendere e comunicare
mi hanno chiesto di conoscere maggiori dettagli
sulla metafora architettonica che ho utilizzato per descrivere
il passaggio dalla scrittura lineare a quella radiale.















L'idea della metafora è nata diverso tempo fa
leggendo il libro Il momento della complessità,
scritto nel 1999 dal filosofo americano Mark Taylor
che utilizza il Seagram Building e il Guggenheim Museum
per descrivere il passaggio da un mondo strutturato
secondo griglie ad uno organizzato in base a reti.


Nel 2008 ho utilizzato questa metafora nell'articolo
pubblicato dalla rivista Inail e dal magazine 7thfloor.









Dopo quell'articolo la metafora non mi ha più abbandonata.

Ho continuato a riflettere e mi sono chiesta
se Mark Taylor dovesse riscrivere oggi quella metafora
quale edificio sceglierebbe come simbolo della metamorfosi?
Farebbe sempre riferimento al Guggenheim Museum del 1999
oppure sceglierebbe un'altra opera architettonica più recente?

Ho cominciato quindi a ricercare un edificio
costruito più recentemente che potesse rappresentare
l'ulteriore trasformazione della nostra società.

Sono trascorsi così due anni quando, inaspettatamente,
ho trovato la risposta visitando nel 2010
il Museo nazionale delle Arti del XXI secolo 
che ho raccontato in questo post con parole e foto:



Tornata a casa, con gli occhi ancora colmi di bianco e di luce,
volevo saperne di più su quell'opera architettonica che aveva
coinvolto tutti i miei sensi e così ho cominciato a leggere
MAXXI Museo delle Arti del XXI secolo
Zaha Hadid l'opera completa
















Mentre leggevo la mia attenzione era attratta
dagli schizzi, i primi segni tracciati da Zaha Hadid
da cui sarebbe nata la sua grande opera:
semplici linee che creavano delle curve sinuose.
















Poi ho guardato con attenzione una fotografia
che ritraeva dall'alto il MAXXI incastonato
nel tessuto urbano del quartiere Flaminio di Roma:
un edificio bianco dalle forme flessuose
immerso in un reticolo di strade e linee tranviarie.
















Questa foto ha colpito molto la mia immaginazione
e così ho preso un quaderno e l'ho ricopiata:
in quelle linee flessuose ho intravisto i rami
di una mappa mentale che interrompono
il rigido schema della gabbia di impaginazione.
















Così, libri alla mano, ho cominciato a ragionare
per capire come potevo utilizzare quell'edificio
per sviluppare la metafora architettonica di Mark Taylor.
















Questa è la mappa mentale che ho iniziato a novembre 2010
con la quale analizzo le caratteristiche dei tre edifici:
Seagram Building, Guggenheim Museum e MAXXI.
















Le tre diverse date in alto a destra mi ricordano
che ho lavorato su questa mappa per diversi mesi
cancellando, spostando, aggiungendo parole chiave.

L'utilità della mappa mentale è proprio questa:
ti permette di sviluppare un'idea come se fosse
il progetto di un edificio che nasce sulla carta
dove vengono tracciate le strutture portanti, essenziali.

Successivamente ho sentito la necessità
di fare una mappa specifica sul MAXXI.
















Con il tempo nel mio quaderno ho raccolto tante altre mappe,
articoli di giornali, post-it per ricordare citazioni di libri.
Mi sono poi lasciata rapire dal visual utilizzato
durante la campagna di comunicazione del MAXXI
e dalle opere ComplexCity dell'artista Lee Jang Sub.





















Continuavo sempre a ragionare sul passaggio
griglia > rete > spazio...




















Il tempo intanto trascorreva e ad aprile 2011
si è aggiunto un importante tassello del mio puzzle:
la rivista Abitare n.511 Being Zaha Hadid



















Gli articoli offrono una carrellata dei lavori più importanti
della Hadid e quello che mi ha più colpito è la morfologia organica
che caratterizza le forme delle sue opere:
onde, dune, ostriche, ciottoli...

Ovviamente il riferimento alla morfologia organica
non poteva non richiamare la mia attenzione di mind mapper
considerato che la struttura di una mappa mentale
è analoga a quella di un neurone.

Così ho fatto una mappa mentale per ricordare meglio
questo interessante particolare:



Continuando la lettura della rivista Abitare
mi ha poi colpito l'articolo dedicato
all'inaugurazione del MAXXI:




















Prima di tutto, bisogna dire che la caratteristica speciale, unica, di questo museo è il fatto che si basa su un formalismo applicato con estremo rigore. 

È costruito come un fascio di linee che scorrono insieme fino a quando si dividono, si incrociano o seguono curvature angolari. Il loro fluire crea degli spazi all’interno e all’esterno di questi muri portanti, ma nel contempo il movimento continua, ritornando su se stesso, salendo o girando. Le gallerie sono degli spazi infiniti, che continuano a scorrere e a perpetuarsi senza interruzioni

Non esiste un punto in cui gli spazi iniziano o finiscono e non c’è neppure un punto di ingresso privilegiato. 

Tutto questo fa parte del fascino di questo edificio. È molto difficile scomporre questo insieme in una serie di gallerie separate, a cui dare un nome. Si tratta di un movimento perpetuo. Lo spazio compreso fra i due muri è sereno, contemplativo e silenzioso e si apre su panorami molto profondi, in cui convergono molti livelli e direzioni. 

È a questo punto che l’osservatore diventa flâneur e può vagare con lo sguardo sul paesaggio o sull’ambiente urbano da cui emergono continuamente tracce e stimoli. In questo edificio non c’è un modo preciso per orientarsi, bisogna solo abbandonarsi al suo fluire (...).

In questa descrizione ho trovato molte analogie
con le caratteristiche di una mappa mentale
che si sviluppa nello spazio orizzontale di un foglio:
le parole chiave vengono scritte su rami curvilinei
e la lettura non è sequenziale ma può fluire
da un punto all'altro a seconda dello svilupparsi
delle connessioni del pensiero.

Trovando queste analogie mi sono chiesta chi fosse
la persona che descriveva il MAXXI
con tanto calore e dovizia di particolare.

Ho scoperto così Patrick Schumacher,
braccio destro di Zaha Hadid, che ha sviluppato
il concetto di parametricismo: metodo di progettazione
che utilizza i programmi di modellazione in architettura
in maniera creativa.




















Vi invito a leggere il suo articolo La città parametrica
che, nella sua brevità, è molto denso di concetti
e in questo post posso riportarne solo alcuni

Prima di affrontare la questione di come migliorare le nostre città dal punto di vista dell’ingegneria ambientale, dobbiamo trovare una risposta all’interrogativo su quali siano le morfologie architettoniche e i modelli urbanistici più adatti a vitalizzare e a rinnovare la vita produttiva e i processi della comunicazione, da cui dipende lo svolgersi di ogni attività.

Il parametricismo sta per diventare il primo nuovo stile globale che potrà e dovrà sostituire il modernismo come vero stile di un’epoca. Per fare questo dovrà opporre alle vestigia della monotonia del modernismo e alla cacofonia del caos urbano esplosa alla vigilia della sua fine un ordine complesso e variegato che si ispiri ai processi autorganizzati della natura.

La premessa del parametricismo consiste nella parametrica malleabilità di tutti gli elementi architettonici e urbani. Invece di mettere insieme rigide ed ermetiche figure geometriche, come tutti i precedenti stili architettonici, il parametricismo avvicina componenti malleabili in un gioco dinamico di mutue rispondenze e di adattabilità al contesto.

Ho associato l'espressione parametrica malleabilità
di tutti gli elementi alle caratteristiche di una mappa mentale:
parole chiave, immagini, simboli, codici,
colori che si relazionano in un "gioco dinamico".

Trovando l'articolo di Schumaker
particolarmente interessante l'ho analizzato
con questa mappa mentale:




















Mi sono soffermata anche su questo concetto:

La progettazione del MAXXI non parte da un “solido platonico” o da una geometria chiusa e regolare: il diagramma di base è un boomerang di 6 linee ricurve che scivolano parallele tra loro e striano il campo in cui fluiscono.

Quindi, per riprendere l'analogia,
l'edificio parametrico e la mappa mentale,
non partono da geometria chiusa
ma da linee che striano il campo in cui fluiscono.



Seguendo questa analogia nel mio quaderno
ho disegnato le linee di un ipotetico foglio a righe
che si liberano dalla gabbia verticale dell'impaginazione
striano un campo orizzontale andando a comporre
una forma organica, una struttura attraverso la quale
possiamo rappresentare il proprio pensiero.


















Mettendo insieme le diverse riflessioni,
ho composta la mia metafora architettonica:



P.S.
Nelle ultime pagine della rivista Abitare ho trovato la mappa 
di una ipotetica città denominata Hadid City 
formata da tutti gli edifici realizzata da Zaha Hadid:















E' la città di un futuro forse non troppo lontano
considerato che sempre più frequentemente

Non ho saputo resistere e ho fatto un veloce collage,
la testa sensoriale/visual del museo MAXXI 
sul taccuino Inail, compagno di tante avventure radiali,: 

Il comunicatore del XXI secolo vive in una città parametrica, percorre sentieri creativi, scrive in modo sinsemico e prende appunti con una mappa mentale su un taccuino orizzontale.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Cara Roberta grazie per questa condivisione, il tuo post mi ha ispirata tantissimo! Ed è stato bello trovare tante affinità nel processo di "raccolta delle idee", anche se ancora non riesco a usare molto le mappe mentali (e sarà uno dei propositi per l'anno nuovo ;)), ho dei quaderni come i tuoi che riempio di appunti, post it, immagini e tutto ciò che può alimentare e stimolare la mia creatività. Il parallelo che hai fatto tra mappe e edifici lo trovo molto calzante... e di sicuro la prossima volta che scendo vado al MAXXI!
Anna

roberta buzzacchino ha detto...

grazie anna :)